Intervento del Vescovo di Parma mons. Enrico Solmi

(pubblicato integralmente sul settimanale diocesano Vita Nuova n. 39 del 16/11/2017 e
parzialmente sul quotidiano Avvenire del 11/11/2017)

Nel percorso sinodale la presenza delle persone con tendenza omosessuale nelle famiglie è stata oggetto di attenzione. Se ne è parlato in aula e in particolare nei circoli minori. I numeri 250-251 di Amoris Laetitia appoggiano su questo ricco dibattito che evidenza, tra l’altro, un ambito pastorale variamente valutato e vissuto nelle chiese particolari. Il contesto oggi appare sensibilizzato e sollecitato da richieste diverse e da esperienze che mostrano, da un lato, la necessità di riparare a un tempo perduto, dall’altro manifestano quanto sia ancora lontana una serena sintesi pastorale. Anche qui – come nelle “situazioni complesse” (AL 247- 258) – la Chiesa è Madre e compagna di viaggio di persone e famiglie, che sono sue membra, e – con loro ed anche tramite loro – essere prossima. Amoris Laetitia restringe la visuale alle famiglie «che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori né per i figli», chiede – citando il Catechismo della Chiesa Cattolica – che ci sia rispetto, con la cura di evitare ogni marchio di ingiusta discriminazione e di «assicurare un rispettoso accompagnamento» alle famiglie, perché «coloro che manifestano la tendenza omosessuale possono avere gli aiuti necessari per comprendere e realizzare pienamente la volontà di Dio nella loro vita» (AL 250). Resta qui aperta la finalità: «fare la volontà di Dio» che è universale «che tutti siano salvi» (1Tm 2,4) e che si incarna nelle diverse situazioni delle persone. Amoris Laetitia conclude il suo breve intervento rimarcando che «non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e le famiglie», mettendo in guardia da pressioni che si configurano come ricatto verso i Paesi poveri per introdurre il “matrimonio gay” nella loro legislazione. Una forma dolorosa di colonialismo culturale. Situazioni reali, anche se poco pubblicizzate dai media, che purtroppo sono dolorosamente presenti e che il dibattito Sinodale ha più volte messo in luce.
Sulla scia di Amoris Laetitia, molte Chiese locali propongono iniziative diverse per «assicurare un rispettoso accompagnamento» alle «famiglie che vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con tendenza omosessuale, esperienza non facile né per i genitori, né per i figli» (AL 250).

La parola passa all’azione pastorale e ai tentativi che diverse diocesi stanno mettendo in opera non tanto sulle persone che manifestano tendenze omosessuali, quanto soprattutto sulle loro famiglie.
Occorre ricordare che nella nostra diocesi da tempo è presente un gruppo rivolto alle persone con orientamento omosessuale. Lo si può contattare al numero 370 3368847 .

Anche ammettendo ritardi e la constatazione che la comunità cristiana – laici e pastori – a volte non è stata esente da pregiudizi e giudizi superficiali, si riscontra – ieri come oggi – la volontà di un ascolto sia nel sacramento della Penitenza, che nel consiglio spirituale da parte dei pastori. Un’attenzione che si è estesa ai numerosi Centri di Consulenza Familiare, usufruendo anche dell’operato di personale professionalmente qualificato, senza comunque far mancare la figura del consulente morale, del presbitero al quale, a volte, la famiglia si rivolge per cercare o condividere un quadro di insieme, una lettura valoriale e di senso.
Questa offerta, rivolta sia alle famiglie che anche alle persone con orientamento omosessuale, costituisce una prima proposta che, già presente nelle nostre diocesi, si è unita ora ad una forma particolare di «rispettoso accompagnamento» che si sta realizzando con la nascita di gruppi di famiglie che hanno riscontrato al loro interno un membro, spesso un figlio, con tendenza omosessuale. A volte è una proposta che viene dalla Chiesa, altre volte nasce per esigenza di alcuni genitori preoccupati per la fede e la vita dei loro figli. Particolare è il momento nel quale hanno rivelato di “essere omosessuali” e ognuno, al riguardo, ha un suo tragitto e una sua storia. Diversi ne parlano come di una liberazione, la possibilità di costruire un nuovo rapporto con il figlio; altri addirittura come il “giorno più bello”, forse mascherando o trattenendo una sofferenza che rimane anche, alcuni lo rimarcano, per una scarsa considerazione che hanno avuto nel mondo ecclesiale, del quale trasmettono esperienze o rivelano esternazioni di preti che li hanno feriti. Stare insieme è conforto per condividere queste situazioni ed aiutare altri che le stanno patendo.
Per la sensibilità e la delicatezza della condizione, tale gruppo richiede di essere omogeneo nei suoi partecipanti, cioè di non annoverare contemporaneamente i figli e coppie omosessuali e singole persone con orientamento omosessuale. Lo scambio deve essere facilitato da un clima di accoglienza nel quale ognuno possa essere libero di esprimersi, o di tacere secondo il suo sentire interiore, sicuro che non sarà contraddetto e ancor meno giudicato.
Particolarmente delicata è la funzione di guida del gruppo, che può essere affidata a persone che abbiano già vissuto un’esperienza simile e che l’abbiano in qualche modo già rielaborata. Forse talora è auspicabile una guida esterna o quanto meno un’equipe, che comprenda figure esperte nella conduzione di gruppi con situazioni delicate e complesse. Risulta fondamentale saper discernere la propria condizione, per non lasciarsi andare ad una sorta di “messianismo” nel quale diventare fautori di tante iniziative, anche se è importante sia per loro che, nelle forme dovute, per la comunità cristiana, poter testimoniare la propria esperienza e promuovere un nuovo approccio pastorale. Anche i temi da affrontare sono rilevanti. Il gruppo ha primariamente lo scopo di accogliere, condividere, sostenere. C’è pertanto la condivisione delle esperienze, la ricerca di forme di sostegno, alla luce della parola di Dio che può essere una Presenza continua, pregata con le semplici, ma necessarie, modalità di una sorta di lectio domestica, che si pone queste domande sul testo: cosa dice? Cosa ci dice? Cosa ci chiede? Un semplice ed essenziale percorso, ma veramente necessario, in un contesto che talora vede tentativi di rilettura della Scrittura in chiave gay e che, come tali, rischiano di fuorviarne il senso come è già accaduto per altre interpretazioni particolari.
Possono nascere domande su temi monografici, richieste più precise, che è bene elencare, sottoporre al giudizio del gruppo perché siano affrontate anche con l’aiuto di un esperto se necessita, o con un’ autoformazione che avrà cura di non essere troppo sbilanciata. Infatti il gruppo, anche se al suo interno ci possono essere critiche alla Chiesa e al suo – vero o presunto – insegnamento morale, non ha il compito di «riscrivere la dottrina e la morale» (AL 251), ma primariamente di condividere, conoscere, attingere alla parola della Chiesa, invocando la luce dello Spirito Santo. Da questo confronto possono nascere approfondimenti e suggerimenti nuovi.
Da qui emergono anche le potenzialità ecclesiali del gruppo stesso. Può legittimamente configurarsi come un gruppo spontaneo di credenti che invita al suo interno un presbitero, il parroco se è su base parrocchiale o inter parrocchiale, una persona consacrata; o è un gruppo che ha raggiunto una maturità tale da potersi presentare al Vescovo perché sia da indicare alle famiglie o di riferimento per questa pastorale; oppure un gruppo che nasce come diocesano e che si propone, fin da subito, accanto al sostegno, anche una finalità pastorale. Tutte queste tipologie si misurano sull’effettivo senso di Chiesa e sulla capacità, anche sofferta, di formulare domande, di suggerire attenzioni, di proporre percorsi per l’intera comunità ecclesiale. Possono costituire un aiuto significativo per una nuova pastorale rivolta a queste famiglie e alle stesse persone con orientamento omosessuale. Cresce così la coscienza di essere un tutt’uno con la comunità cristiana che – anche grazie al loro contributo – con l’onestà si verifica e con prudente audacia cerca e prova vie nuove.
Un simile lavoro chiede a tutti umiltà vera. La capacità di scalzarsi i piedi davanti al mistero della persona e della sua storia, come fece Mosè di fronte del Roveto Ardente, passaggio necessario per ritornare in Egitto e liberare il suo popolo, non con la sua giustizia, ma con la Giustizia di Dio.
La Chiesa vuole ancora oggi fare così per conformare «il suo atteggiamento al Signore Gesù che in un amore senza confini si è offerto per ogni persona senza eccezioni» (AL 250).